PARROCCHIA San Pietro Apostolo Bolgare

Domenica 31 dicembre 2017 - Santa Famiglia - B

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe                                             

 Domenica 31 dicembre 2017

1ª lettura: Gn 15,1-6; 21,1-3     

2ª lettura: Eb 11,8.11-12.17-19

Vangelo: Lc 2,22-40

 

Quando c’è lo Spirito

 

Siamo alla fine dell’anno solare, che per noi cristiani coincide anche con una delle feste principali della nostra fede, il Natale del Signore, con tutti i suoi annessi e connessi, magari non sempre a tema religioso, però certamente carichi di significato affettivo e di calore umano. Sono giorni in cui ci è perlomeno data la possibilità – e speriamo di sfruttarla al meglio – di riscoprire, rinsaldare o ricuperare alcune dimensioni della vita affettiva che durante l’anno lasciamo un po’ da parte per mille motivi, soprattutto per il frenetico susseguirsi dei ritmi e dei tempi che porta a volte a ridurre il dialogo in famiglia al semplice “Ciao” quando si esce la mattina e al “Com’è andata oggi?” quando si rientra. Nell’arco di quindici giorni, dalla vigilia di Natale al 7 gennaio, quest’anno addirittura la metà sono quelli segnati in rosso sul calendario, sia per il loro carattere di festività, sia perché indicano segnale di …pericolo per la nostra salute alimentare, sia perché richiamano la nostra attenzione su cosa dobbiamo fare, come comportarci, quale linea tenere per cercare da una parte di rispettare certe tradizioni inamovibili per ogni famiglia (se a Natale si pranza tutti dai nonni paterni, a Capodanno si è dai nonni materni; se a Santo Stefano si mangia il panettone dagli zii, alle Befana è d’obbligo andare dalle zie…, e via dicendo), dall’altra per vedere anche di sfruttare questi giorni per fare qualcosa di diverso insieme, magari con gli amici che non si vedono da tempo, magari anche un po’ da soli senza troppi parenti tra i piedi; insomma, qualsiasi cosa che possa metterci nel cuore anche un po’ di desiderio di novità.

Tradizione e voglia di novità si incrociano, in questo weekend di fine anno vecchio e inizio anno nuovo; l’anno che termina ci ricorda il tempo che passa e che si porta via le cose brutte lasciandoci le belle usanze e tradizioni che faranno parte anche dell’anno che verrà, e ovviamente l’anno nuovo è desiderio di novità e di entusiasmo, così come il primo giorno di scuola si inizia un quaderno nuovo e si fa il proposito di conservarlo ben scritto, senza cancellature o macchie, salvo poi che la stilografica (si usa ancora?) non rilasci subito gocce di inchiostro da un pennino divaricato e ormai inservibile. Vecchio e nuovo, sorprendentemente incrociati l’uno con l’altro nell’arco di pochissime ore, forse di pochi minuti, il tempo di un botto con il tappo dello spumante, sono in realtà ciò che ogni giorno, nella nostra vita di famiglia, lieta o problematica che essa sia, ci ritroviamo a dover affrontare e vivere. Non mi riferisco solo a un fattore anagrafico, per cui in ogni famiglia c’è chi invecchia, si ammala e se ne va, e chi cresce, matura, s’innamora e genera vita.

Penso piuttosto a quello sgranare del tempo fra le nostre mani, come si sgrana una corona del rosario, sempre in tensione tra vecchio e nuovo, tra desiderio di rispettare le tradizioni e tentativo di fare qualcosa di nuovo, oppure – in maniera più problematica, a volte – tra spinte innovative di chi guarda avanti con entusiasmo e cerca di rinnovarsi giorno dopo giorno, e sterili attaccamenti al passato di chi, dentro, ha tutto meno che voglia di cambiare le cose, perché tanto è inutile cercare di fare qualcosa di nuovo. E spesso – lo vedremo anche dopo – non è questione di età, perché come è sempre più frequente incontrare anziani briosi e giovanili con tanta voglia di fare che pare abbiano davanti ancora tutta una vita, è altrettanto frequente incontrare giovani muffe dalle sembianze amebiche, stimolate a correre verso il futuro e ad avere voglia fare cose nuove con la stessa velocità con cui un bradipo scende da una pianta in foresta amazzonica…  Attaccamento alla tradizione e voglia di novità, stantio ammuffimento e fermentoso brio, logiche da “abbiamo sempre fatto così” e stimoli a “dai che proviamo a fare così, stavolta” convivono in noi e nelle nostre vicende familiari da sempre, e chissà qual è, se mai ci debba essere, la via migliore.

Chiediamolo alla famiglia di Nazareth che, in fondo, ha vissuto le nostre stesse, identiche dinamiche. Chiediamolo a loro, che fedeli forse anche in maniera ossessiva alle tradizioni (e qualora non ne fossimo convinti, Luca ce ne da una prova ribadendo il concetto per ben quattro volte in pochi versetti) presentano Gesù al tempio per consacrarlo giustamente e inutilmente a Dio suo Padre: giustamente perché così richiedeva la totale assimilazione del Figlio di Dio alla natura umana incarnata in un tempo, in un luogo e in una religione; inutilmente, perché ci si chiede che senso abbia consacrare a Dio Padre colui per mezzo del quale il mondo verrà consacrato a Dio. Ma tant’è, la tradizione è da rispettare: è il primogenito maschio, e va bene così. Questi due giovani genitori si mostrano ligi alla tradizione, e forse a questo loro legame alla tradizione mancava un elemento, incredibilmente presente (e Luca lo cita tre volte, quindi vuole dire “in pienezza”) nella vita di un vecchio saggio di nome Simeone, il quale “ripieno, rivelato e mosso dallo Spirito Santo” – eccolo qui l’elemento che fa la differenza – riesce probabilmente a interrompere quella presentazione del primogenito, così tradizionalista quanto inutile, prendendo tra le sue braccia il Nuovo per eccellenza, la novità fatta carne, l’annuncio nuovo, cioè l’Evangelo vivente, e benedice Dio che ha portato a compimento la sua attesa di novità, un’attesa e un desiderio durati una vita intera, per lui come per la amica Anna che attendeva anch’essa la redenzione d’Israele.

Cosa non riesce a fare lo Spirito! Dove c’è lo Spirito, anche il legame al passato e a una tradizione importante ma non fondamentale si trasforma in uno slancio di vita; dove c’è lo Spirito, un’attesa durata decenni non logora, ma vivifica e porta a compimento nella gioia una vita spesa per trasformarsi ogni giorno nella luce del Signore; dove c’è lo Spirito, quella che è la contraddizione di Dio diventa rovina per chi vive con gli schemi del passato nel cuore e salvezza per chi si apre alla novità; dove c’è lo Spirito, un bambino che nasce figlio di una storia diviene gloria per la storia di quel popolo e luce per illuminare la vita delle “genti”, cioè di coloro che sono ritenuti fuori dalla salvezza perché slegati alla tradizione.

Non è affatto questione di età, lo dicevamo poc’anzi: è questione di Spirito, aprendoci al quale dentro di noi si fanno nuove tutte le cose. Una famiglia, per dirsi cristiana, non può abbandonare le buone tradizioni; ma non può permettersi di soffocare la voce dello Spirito che soffia e crea novità e speranza di vita. A costo anche di qualche contrasto, a volte; a costo, a volte, di accettare che una spada trafigga l’anima della famiglia stessa; ma non c’è altro modo per crescere in sapienza e grazia davanti a Dio e davanti alla storia dell’umanità.