PARROCCHIA San Pietro Apostolo Bolgare

Domenica 13 maggio 2018 - Solennità dell’Ascensione

1ª lettura: Atti 1,1-11

2ª lettura: Ef 4,1-13

Vangelo: Mc 16,15-20

 

Il tempo dei segni

 

È dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche”. Sono passati più di cinquant’anni da quando, il giorno della chiusura del Concilio Vaticano II, i Padri Conciliari con papa Paolo VI, promulgarono la Gaudium et Spes, il documento conciliare che contiene le parole che abbiamo ascoltato e che prendono ispirazione da una terminologia cara al papa che aveva aperto, tre anni prima, il Concilio, ossia il nostro amato papa Giovanni XXIII. Lui parlava di “segni dei tempi” come di quei cambiamenti culturali, sociali, antropologici presenti nel mondo contemporaneo (e oggi più presenti e più mutevoli che mai) di fronte ai quali la Chiesa non può rimanere a guardare, né ancor meno mettersi a giudicare o a condannare senza prima essere entrata in dialogo con l’uomo di ogni epoca.

Siamo ogni giorno a contatto con “segni dei tempi” che ci fanno interrogare su tante cose, oserei dire su tutto ciò che viviamo e sul quale, magari, da credenti abbiamo anche investito delle energie: penso alla questione dell’identità di genere, ai modelli familiari non tradizionali, alle problematiche economiche generate dalla globalizzazione, alla pressoché totale scomparsa del concetto di lavoro a tempo indeterminato, agli squilibri sociali che stanno all’origine dei fenomeni migratori, alle scelte sull’inizio e la fine della vita biologica, e via discorrendo. Se la Chiesa non sa entrare in dialogo con l’uomo contemporaneo assumendone le problematiche ma anche le ricchezze, rischia veramente l’isolamento, o addirittura la scomparsa.

Non si può dire che la Chiesa non sia stata capace di entrare in dialogo con l’uomo di ogni epoca nel tentativo di interpretare i segni dei tempi e di ripensare uno stile di annuncio che porta anche a scelte pastorali concrete. Giusto per fare un esempio, in questo giorno in cui contempliamo il ritorno di Gesù al Padre nella sua totale dimensione, spirituale e corporale, pensiamo al cambiamento che la Chiesa ha affrontato in questi anni riguardo alla prassi della sepoltura del corpo dei defunti. Per molto tempo, la Chiesa ha proibito la cremazione perché la riteneva espressione di disprezzo del corpo e della sua chiamata alla resurrezione; oggi la Chiesa non proibisce più la cremazione (anzi, la prassi è molto diffusa anche tra i credenti), e questa apertura è stata dettata dalla consapevolezza che le motivazioni che stanno dietro la cremazione (motivazioni economiche, sociali, di gestione dei luoghi pubblici di sepoltura e altro) non ostacolano la potenza della resurrezione dei corpi a cui saremo chiamati nell’ultimo giorno. Se però la Chiesa non avesse dialogato con le esigenze dell’uomo contemporaneo, oggi continuerebbe a non accettare la cremazione.

Gli esempi si sprecano. Ma ciò che si spreca, va detto con tutta onestà, è anche ciò a cui ci richiamano il Vangelo e la Solennità di oggi: sprechiamo del tempo. Sprechiamo questo tempo, quello che ci è dato di vivere e che – facendo un gioco di parole con i segni dei tempi – è il “tempo dei segni”. Marco, infatti, chiude il suo Vangelo parlando per ben due volte in pochi versetti dei “segni che accompagnano” la Parola di Dio e coloro che in essa crederanno. E questo, nell’evento (l’Ascensione) che inaugura un tempo nuovo: il tempo dell’assenza-presenza di Gesù, il tempo della testimonianza, il tempo dell’annuncio, il tempo della Chiesa. Un tempo che non si identifica con un’epoca, ma che passa trasversalmente a ogni epoca. Un tempo in cui la Chiesa è chiamata al dialogo con l’uomo e con il mondo per cogliere e comprendere il significato dei segni dei tempi. Ma contemporaneamente non può tralasciare di viverlo come un “tempo dei segni”; un tempo, cioè, in cui il suo annuncio della Resurrezione deve essere accompagnato da segni che confermano l’annuncio stesso.

Li vogliamo vedere, questi segni? “Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”.

L’annuncio di un Dio misericordioso, talmente buono con noi da distruggere anche il peggiore dei mali che un uomo possa compiere; la capacità di rinnovarci continuamente, parlando e usando linguaggi nuovi per dire la fede in Dio, secondo i segni dei tempi; portare avanti la storia con forza e con coraggio, sapendo che nulla è più forte di Dio; e soprattutto, tendere una mano verso ogni forma di sofferenza, di malattia, di povertà e di disagio.

Questo sono i segni che devono accompagnare il nostro annuncio. E questo è il tempo dei segni, il tempo di porre questi segni nel nostro vivere quotidiano.

A una condizione: che non stiamo lì imbambolati a guardare il cielo, aspettando dal cielo una risposta. Adesso, tocca a noi.