PARROCCHIA San Pietro Apostolo Bolgare

Domenica 14 aprile 2019 - Domenica delle Palme – Anno C

Vangelo: Lc 19,28-40

1ª lettura: Is 50,4-7

2ª lettura: Fil 2,6-11

Passione: Lc 22,14 – 23,56

 

Ricordati di noi

 

Fatica, ascolto, pazienza, fiducia, misericordia: sono gli atteggiamenti che, di domenica in domenica, come le lancette di un orologio, hanno scandito il nostro tempo quaresimale, e che oggi trovano il loro compimento nell’atteggiamento di fondo con cui Gesù entra in Gerusalemme e affronta la sua passione, vale a dire la fedeltà. Fedeltà alla sua missione, fedeltà al suo messaggio, ma soprattutto fedeltà al Padre. Una fedeltà che ha molto da insegnare, a noi, che fatichiamo a rimanere fedeli ai nostri impegni e alle nostre promesse: dal piccolo impegno quotidiano di essere puntuali nelle nostre cose, alle grandi scelte della nostra vita che comportano costanza, metodo, fedeltà a noi stessi e anche a coloro con cui condividiamo la vita.

            Fatichiamo, sì, a essere fedeli: come ci è costato fatica affrontare il deserto all’inizio di questo cammino di quaranta giorni. Ci consola il fatto che questa fatica la vive anche Gesù, nel momento in cui affronta la sua passione: fatica ad accettare un tradimento, tre rinnegamenti, un fuggifuggi generale da parte dei suoi amici, un processo corrotto e una sentenza ingiusta, una croce sulle spalle e una serie di ingiurie da chi, poco prima, lo aveva osannato.

            Forse, però, è la dimensione dell’ascolto quella su cui Gesù, durante la passione, ha fatto maggiormente fatica: mettersi in ascolto di un Dio che gli ha promesso vita e che ora tace, e resta insensibile anche al suo grido disperato sulla croce. Tuttavia, questo ci fa sentire il Maestro ancor più vicino alla nostra vicenda umana, quando anche a noi pare che Dio faccia orecchie da mercante alle nostre richieste di aiuto.

            Ma è a noi che tocca metterci in ascolto della sua Parola, prima di ogni altra cosa: ed è qui che deve entrare in campo la nostra pazienza, quella virtù che ci aiuta a capire che nella vita non esiste, non è reale, una bacchetta magica che risolva i nostri problemi. Di reale ci sono solo i nostri problemi, le nostre sofferenze, le nostre fatiche: ma dobbiamo imparare a guardarli con speranza, e attendere pazientemente che i frutti del nostro lavoro, a volte incompreso, a volte ignorato, a volte addirittura disprezzato, giungano a maturazione, nonostante tutto.

            Del resto, cosa è capitato a Gesù, in quei giorni di passione? Si era speso per tre anni a cercare di far comprendere - se non alle folle, quantomeno ai suoi discepoli - che tipo di Messia era lui, e qual era il Regno che era venuto a inaugurare sulla terra, ed essi, nel momento di maggior intimità, durante quella cena in cui Gesù ha lasciato loro il dono più grande, il suo Corpo e il suo Sangue, si sono ritrovati a discutere chi di loro fosse il più grande. No, non ci siamo: vuol dire proprio non aver capito nulla di lui, vuol dire aver pensato solo a se stessi, al proprio tornaconto, all’interesse che avrebbero potuto lucrare da un eventuale Regno di Dio in chiave politica. Eppure, Gesù non perde la fiducia in loro: si fida talmente della loro capacità di conversione che affida a Pietro, già orientato a rinnegarlo, la cura dei suoi fratelli dopo la sua dipartita.

            Dio è così: ha fiducia in noi, ha fiducia nella forza del perdono, ha fiducia nella potenza della sua misericordia. E ce l’ha dimostrato non solo durante il nostro cammino quaresimale, risollevando per mano una donna gettata a terra e calpestata dal male, suo e degli altri, ma addirittura nel momento più angosciante della sua vita, in quella vicenda di passione che abbiamo letto poco fa, dove – invece di pensare a ciò che gli stava per accadere – non perde occasione per guarire un servo ferito all’orecchio dal fendente di uno dei suoi; per guardare Pietro con uno sguardo di compassione che diceva “Coraggio, ti perdono”; per tirarsi dietro, entrando nel paradiso, non un santo fariseo, né un discepolo perfetto, ma un ladro, un delinquente, uno che ha avuto il solo merito di dirgli “Ricordati di me”.

            E allora, se questa è la chiave per aprire la porta del tuo Regno, Signore, permettici di approfittare della tua bontà. Lascia perdere tutte le nostre infedeltà, le nostre accidie, la nostra sordità di fronte alla tua Parola, le nostre impazienze, le nostre mancanze di fiducia, la nostra scarsa misericordia, e accogli anche il nostro grido, come hai accolto quello del ladrone pentito: “Ricordati di noi, nel tuo Regno”.