PARROCCHIA San Pietro Apostolo Bolgare

Mercoledì 15 agosto 2018 - Solennità dell’Assunzione della B.V. Maria

1ª lettura: 1 Cr 15,3-4.15-16; 16,1-2 ; Ap 11,19a; 12,1-6a.10ab

2ª lettura: 1 Cor 15,54b-57; 1 Cor 15,20-27a

Vangelo: Lc 11,27-28; Lc 1,39-56

“Assumiamoci” l’impegno di vivere!

 

Quando festeggiamo una persona cara, lo facciamo in occasione del giorno anniversario della sua nascita, ovvero del compleanno. Quando invece festeggiamo un santo, generalmente ricordiamo il giorno della sua morte. E questo perché, secondo la fede cristiana che ci è stata trasmessa, la morte di un credente non è il termine della sua vita naturale, né tantomeno il segno della disfatta dei nostri ideali contro il muro della limitatezza e del nulla.

Chi muore senza alcuna speranza può certamente pensarla così. Ma chi sa di aver riposto la sua fiducia in Colui che non muore mai è pienamente convinto che terminare la propria esistenza significa essere accolti tra le braccia di un Padre che ci attende là dove ci è stato preparato un posto e dove Cristo ci ha aperto la via per arrivarci.

Se poi crediamo – come dice Paolo - che esiste una resurrezione dai morti per mezzo della quale la morte è stata sconfitta con la Morte e Resurrezione di Cristo, “primizia di coloro che sono morti”, la morte dei credenti diventa un’imitazione della morte e risurrezione di Gesù.

Concretamente, la Solennità di oggi non fa altro che celebrare la morte di Maria: nella più antica tradizione della Chiesa, per riservarle una dignità impari rispetto a quella di ogni mortale, così come impari è la concezione e la nascita di Maria rispetto ad ogni essere vivente, questa morte è stata definita a volte con il termine di “transito” al cielo, altre volte come “dormitio”, come “sonno” della morte (terminologie il cui uso poi è invalso parecchio pure nella descrizione della morte dei credenti in Cristo). In anni molto più recenti (parliamo del 1950) giunge la proclamazione dell’Assunzione di Maria in Cielo “in anima e corpo” come “dogma”, ossia come verità di fede imprescindibile per chi si dice credente in Cristo.

Se la primizia della Resurrezione è Cristo, possiamo allora senza mezzi termini definire l’Assunzione di Maria come primo frutto di questa primizia. Maria è la prima risorta dopo Cristo perché è stata la prima seguace di Cristo, cioè perché è la prima vera cristiana. Se quindi è lei ad aprire la schiera di coloro che, credendo in Cristo, risorgono insieme con lui, è ancora lei ad aprirci la strada perché la nostra vita, e non solo la nostra morte, sia un’imitazione della vita di Cristo.

Sarebbe perciò molto parziale, per non dire errato, leggere il significato di questa festa solo come uno sguardo verso il cielo, verso quel destino di gloria a cui Dio ci attende e di cui ci ha aperto la strada, dimenticandoci che questo destino si costruisce innanzitutto qui, sulla terra, attraverso una vita di fede degna di essere chiamata cristiana e insieme profondamente umana.

Quell’“anima e corpo” che costituisce la definizione del dogma dell’Assunzione di Maria in cielo, sta a indicarci appunto che il nostro destino di eternità (l’Anima) sarà di gloria nella misura in cui lo costruiamo qui ed oggi “con il Corpo”, ovvero con la fatica e il peso del nostro vivere quotidiano. Vivere in attesa di un destino di gloria incrociando le braccia sul petto e reclinando il capo verso il cielo aspettando che il cielo si squarci e che Dio venga ad assumerci tra le nubi nella gloria senza sporcarci le mani con l’impegno quotidiano di essere uomini e donne profondamente credenti, è quantomeno ridicolo; certamente non può dirsi un atteggiamento cristiano. Saremo assunti come Maria nella gloria che Dio riserva ai suoi fedeli nella misura in cui – permettetemi il gioco di parole – “ci assumiamo” qui e ora un impegno serio a favore della vita e del mondo.

E di gente che si assuma impegni seri a favore della vita e del mondo, la nostra società odierna ha profondamente bisogno.

C’è bisogno di assumersi l’impegno di permettere a ogni uomo di vivere e proclamare il proprio credo religioso senza alcuna discriminazione, ma anche senza la pretesa di alcun privilegio;

c’è bisogno di chi si assuma l’impegno di dare a tutti la possibilità di un giusto salario attraverso un lavoro onesto e non in maniera assistenziale, perché giusto e onesto è il lavoro che ogni uomo reclama e che nessuno ha il diritto di negare a nessuno;

c’è bisogno di chi si assuma l’impegno di garantire a tutti l’accesso alla salute, sin dalla nascita, evitando di morire a causa di quei luoghi - gli ospedali - dove invece dovremmo trovare vita e salute;

c’è bisogno di chi si assuma l’impegno di salvaguardare la sicurezza delle nostre strade e delle strutture nelle quali abitiamo e lavoriamo, perché è inconcepibile dover temere di passare con l’auto sopra un ponte, che è il simbolo della coesione e della forza per eccellenza;

c’è bisogno di chi si assuma l’impegno di lottare seriamente contro la mania del gioco, l’abuso di alcool e di droghe, l’utilizzo dell’automobile come uno strumento di morte;

c’è bisogno di chi si assuma l’impegno a non andare continuamente in televisione a spararle più grosse degli altri per poi dover fare marcia indietro o essere smentito dai propri colleghi;

c’è bisogno di chi si assuma l’impegno di fare della vita dei nostri giovani un grosso contenitore di ideali, di senso, di cose che contano, e non di colloqui virtuali attraverso uno schermo o una tastiera, altrimenti non conosceranno mai il significato della parola “futuro” che, certo, non riserva loro grandi prospettive, se siamo noi adulti i primi a non crearle.

Assumiamoci ogni giorno l’impegno di vivere una vita degna di essere chiamata “vita”: e ci accorgeremo, anche con l’aiuto di quella fede che ha marcato a fuoco la vita di Maria, che non faremo alcuna fatica a essere un giorno assunti là dove lei, Regina dell’umanità e della storia, siede già alla destra del Padre.